Media e politica : si torni alla città reale – Susanna Novelli
Media e Politica : dalla città virtuale si torni alla città reale
“Alla politica e a noi giornalisti spetta tornare ad essere punto di riferimento reale, e non virtuale, per i cittadini, arroccati ormai dietro uno smartphone, oltre il quale vedono solo se stessi”
In una recente occasione “Visioneroma” ha conversato con Susanna Novelli del “Tempo”, testata giornalistica romana che ha storicamente esercitato una critica di centro destra, approfondendo alcuni temi su quale fosse stato il ruolo svolto dall’informazione nelle vicende politiche amministrative della Capitale e su come si potesse concorrere al rilancio del sistema dei media, in forte evoluzione, per contribuire positivamente al futuro di Roma capitale.
Susanna Novelli :
Vorrei cominciare questo mio intervento ricordando la storia di Cristina. Cristina chiamò in redazione un pomeriggio di 13 anni fa. Era una ragazza madre, disoccupata che minacciava di darsi fuoco sotto al Campidoglio perché da sei mesi il sussidio comunale non le arrivava più. Aveva bussato a tutte le porte. E tutte le porte erano rimaste chiuse.
Presi io quella telefonata disperata. Chiamai l’assessorato per avere informazioni su quel tipo di sussidio e verificare se ci fossero stati problemi, avvertendo che il giorno dopo sarebbe uscito su il quotidiano Il Tempo un articolo di denuncia in proposito.
Così fu. Un articolo molto duro, di denuncia su una carenza tecnica prolungata per mesi che aveva ridotto alla fame una ragazza madre, e chissà quanti altri disperati. L’assessorato si attivò subito per risolvere il problema, l’assessore mi rilasciò una dichiarazione “rassicurante”, e dopo circa una quindicina di giorni Cristina ebbe il suo sussidio.
Eppure io rappresentavo un giornale di “destra” e quella era la giunta Veltroni di “sinistra”.
Episodi come quello di Cristina si verificavano quasi quotidianamente e laddove era possibile si risolvevano. Perché? Perché i ruoli erano definiti e perché c’era un reciproco, invalicabile rispetto.
I media, a prescindere dall’orientamento editoriale, svolgevano il compito primario di porsi da ponte tra la piazza e il palazzo, senza faziosità e con fiducia reciproca.
Gli eletti nelle istituzioni toglievano la maglia della tifoseria ideologica e indossavano quella dell’amministrazione.
I media facevano altrettanto, in un rapporto aperto, a volte conflittuale, ma sempre volto al bene della città.
Questo ha consentito a un giornale di “destra” di svolgere la sua missione di informazione (e mai formazione) dell’opinione pubblica a prescindere dal colore della giunta.
Il “colore” della giunta poteva al massimo influenzare i temi da trattare, o meglio, lo spazio da cedere sul giornale, giudicando in base alla sensibilità dei propri lettori.
Tutto questo avveniva prima dell’avvento dei social, ovvero dello tsunami virtuale che ha travolto e stravolto il rapporto città (ovvero cittadini) – media – politica. In altre parole ha cambiato completamente il modo di formare l’opinione pubblica attraverso l’informazione “diretta”. Un evento epocale che ha colto tutti di sorpresa e che ci lascia ancora attoniti.
Il passaggio dalla comunicazione reale a quella “virtuale”, ad oggi, sembra aver penalizzato tutte e tre le categorie. I cittadini che ormai nell’ottica dell”uno vale uno” hanno coltivato aspettative spesso irrealizzabili per tempi e modi, elevando Facebook a verità assoluta, contestualmente all’attacco sistematico ai media, diventati nel giro di pochissimo tempo meri “giornalai”; e perdendo comunque un punto di riferimento esterno alla propria realtà; i media, appunto, umiliati da una crisi editoriale che non consente più quella presenza territoriale che era, ed è, poi l’essenza del rapporto con la città. Oggi quella presenza fisica sul territorio è sostituita proprio da quei social che hanno cannibalizzato la professione. Una sconfitta dalla quale forse se ne uscirà solo con un profondo e onesto “mea culpa”.
I politici si sono certamente adattati meglio, comprendendo l’importanza della risonanza mediatica , o meglio popolare, dei social. E li si sono rinchiusi.
Parlare “a voce” con un consigliere comunale o con un assessore è diventato un pensiero proibito.
Addio anche alle conferenze stampa dove si potevano fare domande, confrontarsi e conoscere i nostri amministratori, svolgendo il nostro ruolo giornalistico.
Al massimo, per gentile concessione, si comunica per whatsApp, altrimenti si rimanda tutto a Twitter, Facebook e Instagram.
Per questo essere un giornale di “destra”, così come di “sinistra”, ad oggi non ha più alcuna rilevanza.
Dopo aver parlato del passato e del presente provo a rispondere alla domanda che mi si pone su come vedo il futuro di questa città e come concorrerne al rilancio.
Mi piacerebbe tornare a chiamare Roma “Capitale”. E farlo con orgoglio, pur consapevole di una realtà complessa, spesso indomabile ma gestibile. Forse per farlo occorrerebbe recuperare quel rapporto reale, di rispetto e fiducia reciproca tra cittadini-media-amministrazione, l’unico in grado farci tornare a sentirci parte di una comunità.
Tornare per strada, parlarsi, guardarsi negli occhi con l’unico scopo della ricerca della verità, della giustizia, del buon senso.
Una sfida difficilissima per media e politica.
Ma a loro, a noi, spetta tornare ad essere punto di riferimento reale, e non virtuale, per i cittadini, arroccati ormai dietro uno smartphone, oltre il quale vedono solo se stessi.
Al massimo scattano foto su una buca, sui rifiuti in strada e la postano on line ma più per protagonismo social che per quel senso di civiltà e di appartenenza che è poi l’unico strumento per avere davvero una città più vivibile, quella in cui se si vede una persona in difficoltà si chiamano i soccorsi e non si pensa prima a girare il video e metterlo sui social.
Finché media e politici faranno lo stesso, il “rilancio”, soprattutto sociale di questa città, resterà una mera, romantica utopia.
Susanna Novelli, giornalista quotidiano di Roma “Il Tempo”