DARE UN PESO ALLE PAROLE – DARIO COEN
Dare un peso alle parole
L’ironia si divide in due, quella che fa ridere ambo le parti, e quella volgare, che offende una delle parti. E la differenza fra le due “ironie” la riconoscere solo chi la subisce, ne è la vittima e si sente o si può sentire offeso.
È volgare, e “bullizza”, se fa ridere solo chi ironizza, è ironia vera se fa ridere anche chi è preso in giro. Questo vale nei confronti degli omosessuali, dei genovesi o degli ebrei. Poi c’è l’autoironia. Si può e si deve ridere su se stessi, ma non per questo è concesso farlo anche agli altri. È questo il motivo per il quale una stessa battuta può e deve essere vista diversamente in base al contesto in cui la si dice. “Ne voglio mal dire, ma non ne voglio mal sentire”. È questa, in sintesi, la differenza.
Quando si scherza si deve si deve sempre ridere insieme, se ride solo una delle parti diventa come minimo inopportuna. Su questo ne posso essere il primo testimone. Sono il primo a fare battute sugli ebrei, ma non sempre tollero che le facciano altri, magari in pubblico. O meglio, dipende da chi le fa e dal contesto. A me è permesso, da alcuni le tollero, da altri non le accetto. È una questione di sensibilità, tutta mia. Ma sono anche il primo a non farle mai sugli andicappati, sui preti o su altre minoranze. O si ride tutti insieme, o meglio tacere. Ve lo dice una persona che fino a prova contraria non si offende quasi mai ed ama scherzare su tutto. O quasi. Dipende. Vale il motto “pensa prima, parla poi, perché poche parole patiscono pochi pensieri”. Vale anche per i comici.
Infine, a prescindere, non si può scherzare su tutto. Solo il grande Roberto Benigni ha saputo raccontare la shoah con una certa ironia, ma non è da tutti e non tutti l’hanno apprezzato. Anzi, molti lo hanno criticato. È sempre una questione di sensibilità.
Dario Coen