Un genovese e due città – Simone Lo Nostro
La prima cosa che noti quando ti trasferisci da Roma a Milano è la quantità innumerevole di semafori che ci sono a Milano rispetto a Roma. E tu rimani sorpreso perché ti aspetteresti esattamente il contrario, una città piccola come Milano non può avere più semafori di una metropoli come Roma, ma non è un caso.
C’è una filosofia ben definita dietro. Secondo me non è tanto un tema di urbanistica, di pianta della città, è un tema culturale. A Milano nulla è lasciato al caso, tutto è pianificato, ottimizzato, nonostante sia la capitale della moda, nulla è lasciato alla fantasia. Il Milanese ride solo nelle finestre temporali dedicate alla risata. Nelle altre: lavora, mangia, dorme, beve e così via.
Roma invece è tutta fantasia, Roma è improvvisazione, genio, estemporaneità. A Roma ogni giorno è da inventare e nulla è prevedibile: chissà se la metro funziona, chissà se ci sarà traffico, chissà se troverò posto al ristorante (la prenotazione infatti è quasi una bestemmia).
Roma è il paese dei balocchi, è Gotham City, è Sin city, Milano è Pleasentville, è la città di The Truman Show. Un incessante desiderio di pianificare: la settimana della moda, la settimana del mobile, la settimana del design, la settimana della musica, del vino, della montagna. Roma e Milano sono il bianco e il nero, lo Yin e lo Yang, dottor Jeckyll e Mr Hide.
A Milano funziona (quasi) tutto, a Milano si fa la raccolta differenziata, si tira su la cacca del cane, le piste ciclabili sono solo per le bici (e se ci provi a correre a piedi ti falciano), con la precisione della metro ci tarano il segnale orario. A Roma c’è là mondezza, la metro si allaga, far cagare il cane nei posti più impensabili è visto come manifestazione di estro, le piste ciclabili finiscono nel nulla.
Ma nonostante tutto dopo 5 anni di vita super organizzata e efficiente da milanese non posso fare a meno di rimpiangere Roma. Il problema dei romani è che vivono nella più bella città del mondo e hanno smesso da tempo di amarla perché sono assuefatti. È il principio del matrimonio, per quando possano essere belli tua moglie o tuo marito, dopo un po’ tendi a darli per scontati. Ed è un peccato perché ai romani basterebbe fermarsi un secondo a guardare il paradiso che li circonda, i tramonti sul Pincio, Trinità dei Monti, i Fori, San Pietro per rendersi conto che la vita ha regalato loro il paradiso in terra, solo che come spesso accade, non ha dato regole.
Ha lasciato loro il libero arbitrio e loro lo stanno usando per distruggerla un po’ per volta. Il romano è orgoglioso della sua città quando va allo stadio o quando va in vacanza, ma quando cammina per strada diventa egoista, pensa solo al suo orticello. Ha dimenticato il senso di appartenenza e di rispetto per la sua storia e le sue origini. Si rivolge alla politica pensando che esista la ricetta per risolvere tutti i problemi.
Ma il problema più grande non è la politica incapace, il problema è che “manco Cristo” ora potrebbe invertire la tendenza. Roma è troppo smisurata e complessa per essere rimessa in sesto dalla giunta in qualche anno, “ma manco dal prefetto o dall’esercito”. Roma deve salvarsi da sola. La cultura deve riaffermare i suoi principi. Roma non potrà mai essere Milano, né i Romani potranno mai diventare Milanesi, ma dai milanesi possono copiare la voglia di dimostrare che la loro città è sana, è bella, è educata. Dai Milanesi possono copiare l’orgoglio di essere i primi della classe. Non è detto che lo debbano diventare. Il milanese resterà sempre il secchione ma il romano deve smettere di farsi bocciare, deve ritornare ad essere lo studente intelligente che non si applica ma che quando si applica dà spettacolo.
Milano è la locomotiva d’Italia, è il centravanti che fa gol, ma Roma, beh Roma è il fantasista è George Best, è, non me ne vogliano i laziali, Francesco Totti. Roma è il genio che questa volta deve impegnarsi per uscire dal tunnel, deve avere la forza di prendere in mano la situazione e con serietà mettersi in gioco per tornare ad essere Caput Mundi ma senza essere paralizzata dalla paura di sbagliare perché qualsiasi errore faccia si potrà sempre recuperare se l’obiettivo è quello giusto. In fondo lo ha detto proprio un romano doc. “non è da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”.
Simone Lo Nostro
Chief Commercial Officer di SKY Italia, già General Manager di Sorgenia e Direttore Commerciale di Enel Energia.